Secondo i dati della FAO, la produzione mondiale di carne è cresciuta di circa 5 volte in soli 60 anni (dal 1960 al 2020) e un ulteriore aumento del 50% della domanda fino a 500 milioni di tonnellate è previsto fino al 2050, spinto soprattutto dalla crescita della popolazione su scala globale e dall’aumento dei redditi pro capite nei paesi in via di sviluppo. Questi numeri sono eccezionali, perfino difficili da comprendere a mente fredda… eppure è successo e sta succedendo!
Gli allevatori si sono dovuti rimboccare le maniche, sospinti anche dal progresso tecnologico, dall’efficientamento dei processi produttivi e dalla diffusione del modello di allevamento intensivo. L’aumento della domanda di carne infatti ha portato un consolidamento nel settore dell’allevamento con un aumento del numero di animali per azienda.
Se è vero che il modello di allevamento intensivo ha aumentato la produttività dando agli allevatori la possibilità di sfruttare le economie di scala, ha anche mostrato notevoli insidie, soprattutto in relazione alla salute e al benessere degli animali.
In passato (o anche oggi nelle zone rurali), gli allevatori potevano monitorare i loro animali individualmente e avevano abbastanza tempo per eseguire osservazioni periodiche (di solito 2-3 volte al giorno) al fine di rilevare segni di malattia o estro. Al contrario, nei grandi allevamenti, l’osservazione individuale degli animali non è più fattibile.
Per esempio, se un allevatore utilizzasse anche solo 3 minuti al giorno per osservare ogni animale in una stalla con 300 mucche, allora dovrebbe spendere 15 ore al giorno in questo esercizio! E assumere manodopera supplementare per questi compiti spesso non è un’opzione praticabile, visti i margini ridotti del settore agricolo…
Di conseguenza, con il modello di allevamento intensivo il rischio di rilevare tardivamente problemi di salute è aumentato notevolmente. Allo stesso tempo, in caso di malattie infettive, tutti gli animali che condividono gli stessi spazi sono esposti al rischio di contagio.
Un trattamento tardivo non è solo inaccettabile dal punto di vista del benessere dell’animale, ma ha anche un impatto negativo sulla redditività degli allevatori: cicli di farmaci più lunghi, aumenti di peso inferiori alle aspettative, perdita di produzione di latte, mortalità imprevista, aumento del tasso di abbattimento gravano pesantemente sul bilancio della stalla.
Guardando al contesto esterno, gli allevatori sono anche il bersaglio della pressione dei consumatori e dei regolatori che mirano a (1) migliorare la salute, il benessere e le condizioni di vita degli animali; (2) aumentare la trasparenza e la tracciabilità dei prodotti; (3) ridurre l’inquinamento ambientale (il 15% delle emissioni globali di gas serra, il 33% della terra arabile globale e l’8% dei prelievi di acqua dolce sono legati al bestiame) e (4) minimizzare l’uso di antibiotici.
Quest’ultimo punto ri riallaccia alla resistenza antimicrobica, un argomento tutt’altro che secondario e molto sentito al momento. Gli agenti antimicrobici sono farmaci usati per trattare le infezioni di origine batterica; l’uso eccessivo o inappropriato di antibiotici nella medicina umana e nell’allevamento porta all’emergere di batteri resistenti che sopravvivono ai trattamenti antibiotici. Poiché molti antibiotici non sono metabolizzati dal corpo animale, una volta escreti inquinano l’ambiente, compreso il suolo e la superficie. Anche se l’uso generale di antibiotici nell’allevamento è recentemente diminuito nell’UE, è in aumento ovunque e si prevede che raddoppierà a livello globale nei prossimi 20 anni. È quindi chiaro che essere un allevatore nel 21° secolo richiede di affrontare e vincere grandi sfide.
È qui che la tecnologia ci viene in soccorso. Negli ultimi 10-15 anni, gli allevatori hanno ottenuto un accesso crescente a una grande varietà di strumenti che li aiutano a gestire le loro aziende in modo più efficace e redditizio. Con questo nuovo approccio gestionale, noto come Precision Livestock Farming (PLF), è possibile concentrarsi sugli animali che richiedono più attenzione piuttosto che sull’intera mandria. Internet of Things (IoT), Cloud, Big Data, Intelligenza Artificiale stanno offrendo soluzioni intelligenti e convenienti ai problemi che affliggono molteplici verticali e l’agricoltura non fa eccezione.
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